II° Incontro di ArtEvangelo – Gianfranco D’Alonzo – Amedeo Sanzone

Casalnuovo di Napoli, giovedì 14 dicembre 2023, ore 19,00
                                                    Piccola Biblioteca Protestante
                                                                      presso
                                        Chiesa libera di Casalnuovo, Via Giovanni Verga, 8
 
                                                  II° Incontro di ArtEvangelo 
                                                                tra arte e cristianesimo
                                                                 Gianfranco D’Alonzo
                                                           Amedeo Sanzone
A quasi sette anni di distanza dalla nascita del progetto ArtEvangelo, per iniziativa di Salvatore Manzi e Stefano Taccone, alla rivista trimestrale di quattro pagine si affianca un nuovo appuntamento periodico che vedrà coinvolti di volta in volta artisti già comparsi sulle pagine della rivista – oppure non ancora comparsi -, ma anche storici dell’arte e studiosi di varia formazione, chiamati ad un libero confronto intorno alla questione del rapporto tra arte – specie visiva, ma non solo; specie contemporanea ma non solo – e cristianesimo.

Anche il secondo appuntamento sarà dedicato a due artisti presenti nei numeri iniziali.
«Credere», scrive il teologo Bruno Forte, «è cor-dare, secondo l’ingenua e bella interpretazione dei medioevali, un “dare il cuore” che implica la continua lotta con l’Alterità che non si lascia “risolvere” né “arrestare”. Dio è l’altro da te. Ecco perché il dubbio abiterà sempre la fede». Nel caso di Gianfranco D’Alonzo siamo però ad un gradino anteriore, quello di una disperata ricerca che trova temporaneamente il suo scacco, quello dell’assordante silenzio di Dio, un male che però nella storia non colpisce solo le persone cosiddette “comuni”, ma anche i più grandi santi. Tutte le costruzioni di D’Alonzo – dalla mensola che regge una sottile cornice metallica vuota ai riquadri e rettangoli mononocromi dai colori spenti e di differenti materiali e con differenti collocazioni e dimensioni – parlano infatti di un’assenza, di una persona o, più in generale, di una dimensione verso la quale si nutre un barlume di fascino e di mistero, ma che non si può dire di conoscere. È come saltare con tutta la forza che si ha per poter scorgere la vista celata da un infame muro divisorio, ma non si riesce che ad intravedere qualcosa di troppo poco definito per dargli un nome. Forse non si è ancora pronti, non è ancora il momento e così non restano che uscite di emergenza per non impazzire, dirottamenti per non naufragare nell’impotenza.
 Storicamente si possono – naturalmente non senza una buona dose di approssimazione – tracciare due principali tipologie di incontro con Dio in chiave cristiana, quello del raccoglimento e quello della lode, ovvero quello del silenzio e quello del fragore. Il primo trova la sua base neotestamentaria nel Cristo che si ritira quaranta giorni nel deserto; il secondo potrebbe invece ricondursi innanzi tutto all’esortazione dell’apostolo Paolo agli efesini, allorché li invita ad essere «ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore» (Ef 5,19-20). La vocazione artistico-spirituale di Amedeo Sanzone – per sua stessa ammissione non credente eppure sorprendentemente incalzato dal bisogno di Dio, o almeno di un assoluto – si avvicina senz’altro assai più alla prima tipologia. Se nel silenzio tenta imperfettamente di appagare il suo bisogno umano di oltreumano, la sua opera è un’iconografia della purezza più che della pienezza, della sottrazione più che dell’accumulazione, dell’io di fronte a Dio più che del noi chiesa che si fa unico corpo. Se così il neogotigheggiante di alcune sue forme lo àncora primariamente – ma forse solo apparentemente – più al cattolicesimo, l’individualismo ove si incrocia la sua poetica e la sua spiritualità lo avvicinano piuttosto alle chiese della Riforma, meno propense alla “morale del gregge” rispetto al cattolicesimo. Del resto, è forse un caso che Friedrich Nietzsche sia figlio di un pastore protestante?