“LIA”, l’incredulità della violenza sulle donne nel libro di Maria Cristina Russo

“Lia”, l’incredulità della violenza sulle donne nel libro di Maria Cristina Russo

L’esordio nella narrativa della scrittrice Maria Cristina Russo si intitola “Lia”, ivvi editore.

“Lia” è una donna che per trent’anni è vissuta accanto a un uomo crudele e glaciale che le ha inflitto ogni genere di violenza fisica e psicologica. Una sera, mentre è in attesa che il marito rientri dal lavoro, sente bussare alla porta di casa e si trova di fronte un ispettore di polizia, Giuseppe Cafiero, accompagnato da un poliziotto in divisa, che le comunica che il marito è stato ucciso. Superato il primo momento di disorientamento, Lia si rende conto di essere finalmente libera: ha 52 anni, ma è consapevole che non è ancora troppo tardi per poter tornare a vivere. Così la sua esistenza comincia lentamente a fluire. Soprattutto comincia a conoscere persone nuove, come il suo affascinante vicino di casa, John Westmoreland, un professore universitario di origini inglesi con il quale comincia a stringere una singolare amicizia; ma, cosa ancora più importante, finalmente conosce l’amore vero proprio grazie a Cafiero, l’Ispettore che sta seguendo il caso. Ma Lia non è destinata a essere felice…

Non è una narrazione autobiografica, ma la raccolta di vissuti ed esperienze che sono state narrate all’autrice Maria Cristina Russo, e che lei ha voluto portare alla luce per insistere e porre sempre attenzione al tema della violenza di genere.

Un plot narrativo avvincente dove tragedie familiari e amorose si intrecciano grazie alla presenza di personaggi ambivalenti e non sempre positivi, delineati e descritti perfettamente dall’autrice: insospettabili colletti bianchi che dentro le mura di casa diventano mostri, professionisti che a causa di vizi personali cadono in disgrazia e uomini che vivono vite al limite sono alcuni dei protagonisti che gravitano attorno a Lia.

Maria Cristina Russo nasce a Napoli il 5 Giugno 1967. La passione per la lettura nasce grazie alla biblioteca delle scuole elementari e l’accompagnerà nel suo percorso di crescita. Nel 2001 si trasferisce a San Giorgio a Cremano, dove attualmente vive.

Nel frattempo ha anche una piccola parentesi di recitazione con la “Compagnia dei Teatramanti” di Marcello Caccavale ed è proprio l’esperienza teatrale che le farà maturare l’idea di cominciare a scrivere.

Nel 2019 pubblica il suo primo libro Ortensia e altri Fiori con la Cada Editrice Albatros il Filo.

In seguito, pubblica un racconto intitolato Clelia Story in una raccolta curata da Emanuela Sica, Rosso Vdg-o, Antologia sulla violenza di genere e nel 2021 partecipa con un altro racconto, Il venditore di orgasmi, a una raccolta corale intitolata Scrittori italiani – libro bianco a cura di IVVI Editore. Lia è il suo primo romanzo.

  • Benvenuta Maria Cristina. Come nasce l’idea per “Lia”?

Lia nasce dal desiderio di mantenere attiva l’attenzione su di un argomento sempre attuale e mai demodé che è quello della violenza domestica. Per anni sono stata una assidua spettatrice del programma “Amore criminale” e le storie li narrate vanno veramente oltre ogni più florida immaginazione al punto da suscitare un sentimento di indignazione tale che, per una come me abituata a mettere su carta ogni stato emotivo, è stato naturale cominciare a scrivere brevi considerazione che con il tempo si sono trasformate in racconti, per poi convergere nel mio primo romanzo che è appunto “Lia”.

  • Tu hai avuto esperienze teatrali anche. Diceva Vittorio Gassman “Il teatro è una zona franca della vita, lì si è immortali”. Quanto ti è servito il palcoscenico per aumentare la tua voglia di scrivere?

Diciamo che il teatro mi ha aiutata sia a superare le mie insicurezze sia a migliorare la memoria. Tieni presente che in quello stesso periodo mi stavo cimentando anche con un’altra impresa perché avevo da poco ripreso gli studi universitari interrotti a due esami dalla tesi per dedicarmi ai miei figli. Ebbene recitare mi ha aiutata molto a superare serenamente gli esami e ad acquisire una sicurezza di me che raramente avevo avuto in passato. Attualmente sto partecipando ad un laboratorio di Teatro con i bravissimi Massimo De Matteo e Sergio Di Paola, dunque l’esperienza continua con la speranza di arricchirmi ulteriormente e soprattutto con il desiderio un domani di poter scrivere per il teatro.

  • Parliamo del romanzo “Lia”, cruda verità raccontata senza filtri o ipocrisia dalle tue parole. Tu dici che hai voluto narrare una storia non a lieto fine. Chi è Lia e perché rappresenta una fragilità femminile totalmente assoggettata alla figura maschile.

Diciamo subito che “Lia” non è “una” donna, ma la somma di tante figure femminili con le quali, vuoi per motivi familiari, vuoi per i contatti avuti nel tempo con tante donne incontrate per caso o in contesti specifici, ho avuto modo di interagire e ci tengo a sottolineare che il più delle volte si tratta di storie non raccontate, ma percepite magari da un comportamento, oppure una frase buttata lì a caso ma che conteneva più di quanto volesse dire, perché molte volte la sofferenza è racchiusa nello sguardo, nel modo di porsi e di camminare di una persona.

  • Quante storie hai ascoltato come questa di Lia? Secondo te, su quale base bisogna lavorare per cambiare queste dinamiche di dipendenza affettiva femminile e di crudeltà maschile?

Per fortuna di storie così estreme come quella di “Lia” non ne ho mai sentite anche perché, come ho detto prima, “Lia” è una figura simbolica che racchiude in sé le conseguenze di un male di vivere estremizzato, il che non vuol dire che non accada, basti pensare a tutte quelle donne sfigurate e ammazzate delle quali troppo spesso si sente parlare, ma spesso mi sono imbattuta in figure femminili fragili e per questo facilmente manipolabili.

  • Il libro è intriso di un’amarezza per il destino delle donne, di non tutte ovviamente. Non hai raccontato una storia a lieto fine. Quali motivi ti hanno spinto verso questa scelta?

Il fatto che io abbia deciso di non dare al mio libro un lieto fine non è dovuto a pessimismo, ma alla circostanza che una donna come “Lia”, cresciuta in un ambiente familiare castrante dal quale fugge per ritrovarsi in una prigione ben peggiore, ha fatto sì che  conservasse una ingenuità tale da non consentirle di saper distinguere il bene dal male; è difficile riappropriarsi della propria identità se questa è sempre stata calpestata e vilipesa, anche se inizialmente sembra che sia il contrario, perché lei è un po’ con un detenuto che ritorna alla vita dopo aver scontato l’ergastolo, inevitabilmente la realtà circostante si è evoluta e quindi si ritrova a dover recuperare un tempo immenso.

  • Cosa ti aspetti dalle presentazioni di “Lia”, quale reazione pensi di poter innescare?

Innanzitutto mi aspetto che le persone partecipi siano incuriosite e stimolate a leggere il libro, ma quello che mi piacerebbe di più è che chi ha letto il libro mi contattasse poi per sapere se è piaciuto oppure no, perché io considero la critica, sia essa positiva ma ancor più negativa, fondamentale per chi scrive.

  • Maria Cristina, un in bocca al lupo per la tua attività di scrittrice. Puoi accennare ai tuoi progetti futuri?

Grazie e viva il lupo! Progetti futuri? Certamente, continuare a scrivere per narrare storie il più possibile vicine all’attualità.

DANIELA MEROLA

 

 

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